Roberto Vecchioni
L’Infinito
Non posso sopportare questo paese
Semi-barbaro e semi-africano
Dove sono isolato da tutti
Ogni affare di una spilla porta a un’eternità di tempi
Ed è difficile muoversi, e viverci, senza crepare di noia
I napoletani sono tutti lazzaroni e pulcinelli
Nobili e plebei, tutti ladri e baron fottuti
Degnissimi di Spagna.. e delle forche
Eppure questo vento che odora di limoni
Questo continuo grido e canto di vicoli e rioni. Questa discesa a mare, questo lunare abbaglio…è Capri
Che ti appare stesa come Nausicaa al bagno
Lorda dei piccirilli scalzi di primavera
E l’euforia dei grilli nella mia sfera mi va diritto al cuore
Questo vivere intorno, questo sole nell’aria, questo cadere in sogno
E per la prima volta da quando sono al mondo
Non muore il dì di festa, non chiedo e non rispondo
Tutto passa e non resta, si fa cenere e fumo
Eppure alla ginestra le basta il suo profumo
Di universi e di stelle, disperate parole
Non ne ho più voglia, basta, vattene via dolore
E poi, Totonno, qui ho conosciuto gli ostricari
E sono sempre al banco del lotto, che bello il banco del lotto
E quel pulcinella di Petito che fa ridere pure
E poi Piedigrotta, che festa
E che genio quel signor Sacco:
“Io te vojo bene assai e tu nun piensi a me”
In due versi ha detto quello che io ho scritto in settemila pagine
Amare la vita…e la vita che non ti ama e non ti vuole
E forse l’infinito non è al di là, è al di qua della siepe. Totonno, è troppo tardi e non c’è via d’uscita
Bisogna solamente, credimi, aggrapparsi alla vita
E non chiedere invano, al cielo, al mondo e a Dio
Perché ogni destino nasca dentro un addio
Ma tu che mi conosci, almeno tu che sai
Diglielo tu che il mondo io non l’ho odiato mai
E se mi sono perso a vagar l’infinito
Punivo l’universo di un amore tradito:
Tramontata la luna torna di nuovo il sole
Vattene via per sempre, vattene via dolore